Salmo 23:1

מִזְמ֥וֹר לְדָוִ֑ד יְהוָ֥ה רֹ֝עִ֗י לֹ֣א אֶחְסָֽר׃

Di Elia Fiore (MA Oxon)

TRADUZIONI

Diodati: <<Salmo di Davide.>> IL Signore è il mio pastore: nulla mi mancherà.
Nuova Diodati: [Salmo di Davide.] L’Eterno è il mio pastore, nulla mi mancherà.
Riveduta: Salmo di Davide. L’Eterno è il mio pastore, nulla mi mancherà.
Nuova Riveduta: Salmo di Davide. Il SIGNORE è il mio pastore: nulla mi manca.
C.E.I.: Salmo. Di Davide. Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla;

 

ANALISI TESTUALE

מִזְמ֥וֹר לְדָוִ֑ד

Per indicare il genitivo in questo caso non viene usata la catena costrutta poiché un termine è definito (“Davide” – Nome proprio) mentre l’altro non lo è (“Un Salmo”)

יְהוָ֥ה

Il Nome di Dio viene vocalizzato con le vocali di Adonai (Qere Perpetuum) per ricordare al lettore che il Nome proprio di Dio non va pronunciato.
In questo caso il soggetto è posto prima del verbo, cosa insolita in ebraico, per esprimere enfasi (E’ il Signore Colui che mi porta al pascolo [non qualcun altro])

רֹ֝עִ֗י

In ebraico non c’è il sostantivo “pastore”, ma il “participio costrutto Qal” maschile singolare del verbo  רָעָה (pasturare) con l’aggiunta di un suffisso pronominale = “Il pasturante di me” (Colui che mi porta al pascolo).
Trattandosi di un verbo “debole” quando viene aggiunto il suffisso pronominale cade l’ultima consonante.
Dalla stessa radice di questo verbo proviene anche il termine “Pastore” è רֹעֶה

Qui c’è un riferimento specifico a un “viaggio” che bisogna intraprendere con lo scopo di nutrirsi per poter crescere.

אֶחְסָֽר

Verbo coniugato all’imperfetto (che indica un’azione non completata, con un potenziale impatto nel passato, nel presente e nel futuro.). Potrebbe essere quindi tradotto “a me non è mai mancato”; “a me non manca mai”, “a me non mancherà mai”

E’ interessante notare che il testo “A me non manca (non è mancato, non manca e/o non mancherà) nulla” non vuole necessariamente significare che il salmista sostiene di aver tutto in termini assoluti. Sicuramente il testo trasmette l’idea che il Salmista sostiene che ha (ha avuto e/o avrà) tutto ciò che serve  (che non corrisponde necessariamente neanche a ciò che gli piace – cfr. la valle dell’ombra della morte) per cibarsi e quindi crescere.

 

TRADUZIONE PROPOSTA

Salmo di Davide. E’ il Signore Colui che mi porta al pascolo. [Ecco perché] Non ho bisogno di nulla.

 

RIFLESSIONI

Il testo ebraico evidenzia che il salmista paragona la propria vita ad un “viaggio” voluto dal SIGNORE (Colui che ha stretto con lui un patto). 

In questo verso, infatti, IL SIGNORE viene paragonato a colui che ha la specifica funzione di portare le pecore al pascolo. 

Il retroscena, quindi non è l’ovile che rappresenta per le pecore sicurezza e certezze, ma il viaggio verso il pascolo che necessita fiducia totale nei confronti di chi guida.

Durante questo viaggio il Salmista sostiene che gli manca nulla. Osservando con attenzione il verbo ebraico scopriamo innanzitutto che il suo aspetto è imperfetto, indica cioè un’azione non conclusa che, a livello temporale, può posizionarsi nel passato, nel presente e nel futuro.

E’ come se il salmista dicesse “dato che è IL SIGNORE che mi porta al pascolo, non mi è mai mancato nulla in passato, non mi manca nulla nel presente e continuerà a non mancarmi nulla.

Inoltre, il significato trasmesso dal verbo ebraico è “non sento il bisogno di nulla”, invece di “ho tutto”. Il salmista non dice che IL SIGNORE gli da tutto, ma che gli da tutto ciò di cui ha bisogno nel contesto di un viaggio teso a cibarlo per farlo crescere.

Il messaggio espresso dal testo ebraico, quindi, è che la vita è un viaggio che ha come unico scopo quello di cibarci per farci crescere nel senso più completo e totale (fisico, emotivo, spirituale, ecc.) del termine. 

Questo viaggio è voluto dal SIGNORE che, per cibarci e farci crescere, ci dona tutto ciò di cui abbiamo bisogno; non necessariamente tutto ciò che ci piace.